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lunedì 7 luglio 2014

Etichette fantastiche

Fantastiche nel senso di espressioni di fantasie sfrenate.

Credevamo che ormai l'etichettatura di un cosmetico fosse chiara: questo si può dire, questo no. Questo si deve dire, questo no. Naturalmente per etichettatura si intende sia ciò che c'è scritto sul vaso/flacone che sulla scatola. Etichetta sempre è.


Illuse.

A parte il fatto che partecipando ad un corso che verteva esclusivamente sull'etichettatura (8 ore di pacchia) abbiamo scoperto come funziona in una multinazionale la strutturazione di un'etichetta.
Ve lo raccontiamo perchè benchè sia macchinoso, non si rivela sempre efficace.

Innanzitutto il laboratorio comunica la lista INCI degli ingredienti e le funzioni degli attivi.

A quel punto il marketing si sbizzarisce, inventando il nome della linea, del prodotto, scrive di tutto e di più sulle azioni ed enfatizza le aspettative del consumatore, lo "rapisce".

La bozza viene mandata all'ufficio legale, che naturalmente depenna il 70% delle affermazioni, verificando la congruità dei termini anche nei mercati esteri in cui il prodotto deve essere commercializzato, relativamente amche ai nomi di linea e prodotto: tutti ricordiamo il tremendo flop della Volkswagen che aveva chiamato Jella un'auto destinata anche all'Italia, chiamandola poi Jetta. Che però era brutta lo stesso.

La bozza corretta torna al marketing che con le orecchie basse cerca di sfruttare il 30% del materiale superstite. Lo rimaneggia, lo esalta e lo rimanda all'ufficio legale, che lo riverifica e dà il suo nulla-osta.
Peccato che a volte all'ufficio legale sfugga qualcosa per cui interviene l'authority e intima il ritiro del prodotto per pubblicità ingannevole. Bel colpo.

Anche le piccole aziende devo studiare l'etichetta con molta attenzione, perchè l'insidia è dietro l'angolo.
Però il regolamento è molto chiaro, quindi basterebbe attenersi pedestremente alle indicazioni di legge per non rischiare.

Ma siccome il marketing segue le sue regole, considera le regole del legislatore solo un impiccio.

Ci è arrivata la richiesta di consulenza circa l'esattezza di etichette di una serie di prodotti.
Quale aspetto fa la parte del leone? Il nome e il design. Che poi non ci sia spazio per tutto il resto, poco importa.

Il nome è importante, certo, ma non può occupare il 90% dello spazio disponibile.
Dunque il nome. Perla di mare. 50 ml. prodotto da Pinco.
Stop.
-Scusi ma che cos'è?
-Una crema antirughe.
-E da cosa evinco che sia una crema?
-E' in un vasetto.
-Va bene, ma ci potrebbe essere anche dentro un gel o uno scrub. Se è una crema, deve specificare crema.
-Ah, va bene, ma va via una riga.
-Mi spiace, ma la funzione del prodotto va scritta. Deve specificare anche per che parte del corpo.
-Vaso da 50 ml, è per il viso.
-Non è detto, può essere per mani, piedi e altro
-Allora scrivo antirughe. Così è chiaro che è per il viso.
-Ce l'ha il test?
-Per cosa?
-Che sia antirughe.
-No, ma lo è.
-Io mi posso anche fidare della sua serietà, ma niente test, niente antirughe. Al limite possiamo scrivere aiuta ad attenuare le rughe. Oppure per pelli con rughe.
-Ma è un romanzo.
- Dica al suo grafico che non ci interessa se è Picasso, deve riuscire a far stare sul vasetto il nome, la funzione (vera!), il contenuto, da chi è commercializzato e il vasetto per il PAO. --- Mezz'ora per spiegare cos'è il PAO.--- Immagino che abbia la scatola, se no deve trovare anche lo spazio per la lista INCI.

-Sì, guardi qui che bella scatola.
-Bella, è bella. Però c'è scritta sopra una marea di roba, inutile e vietata.
-Per esempio?
-Non testato sugli animali. I test sono vietati dal 2005
-Ma lo scrivono tutti.
-Non è un buon motivo. E avranno vita breve. Inoltre vedo scritto senza parabeni, senza petrolati ecc. Dovrebbe evitare, è indicazione fuorviante, fa credere che il suo prodotto sia migliore perchè non usa certi ingredienti.
-Ma lo è, se non contiene queste cose.
-Secondo il legislatore no, non è così. Secondo la scienza, neppure. Secondo il mercato forse.
Vedo che scrive che  dermatologicamente testato: ha il patch test per la sensibilizzazione? E per la dicitura clinicamente testato, ha il test clinico di efficacia? (sapevamo già di no, se no il problema antirughe non si sarebbe posto).
-Ah ma ci vuole proprio il test?
-Se vuole scrivere così, sì.
-Ma gli altri lo scrivono.
-No, lo scrive chi ha veramente fatto il test. Se lei lo scrive, lei deve avere il test. Se io consumatore vedo scritto che è testato posso chiederle il test e se non ce l'ha, posso denunciarla per falso.
-Ma va là.
-Provi.

Poi ci sottopone una crema per la cellulite.
-Non può scrivere combatte la cellulite, perchè innanzitutto la cellulite è un malattia che coinvolge gli strati della cute che non sono competenza del cosmetico, e poi perchè il consumatore può aspettarsi di vincere.
-Ma funziona!!
-Vero, è una bella formula, ma combattere e quindi vincere, vuol dire riuscirci su tutti, anche sulle donnine Michelin: lei è sicuro di riuscire anche su questi casi?
-No, certo che no.
-Allora scriviamo aiuta a ridurre gli inestetismi cutanei provocati dalla cellulite. E si dimentichi affermazioni tipo drenante, riducente, eccetera che facciano supporre una riduzione del peso.
-Lei mi frustra.
-No, io le evito guai dopo.

I testi per i detergenti erano abbastanza conformi, ma non si era trattenuto dall'iperbole su cui molti cadono, cioè "deterge in profondità". No. Un latte deterge la superficie della pelle. Punto. Non va a fare il tittilìo all'osso zigomatico. Pulisce la superficie, l'epidermide. Stop. Profondo è un aggettivo bandito dall'ambito cosmetologico.

-Ha previsto anche foglietti illustrativi o dépliant? Vuole che gli dia un'occhiata?
-Si li ho previsti, i testi sarebbero già pronti ma, dopo quello che mi ha detto, mi sa che li devo rifare... però mi scusi, ma perchè mi devo fare tanti problemi per quel che scrivo? Tanto lo sanno tutti che esageriamo e  ci fanno la tara dall'inizio.

Ecco quello che fugge a tanti: il motivo.
A parte che esiste un regolamento e che in quanto tale va seguito, tutto ciò che viene scritto è quello che il consumatore capisce su quel prodotto. E non è vero che fa la tara se gli viene insegnato che, poco per volta, si troverà in mano un prodotto che farà davvero quello che promette, nè più nè meno.

Non gli si può dire quello che poi il prodotto non fa. Lo si prende in giro. E questo non si fa.

Perchè l'atteggiamento sbagliato di uno, fa squalificare tutta la categoria.
Già ci considerano fattucchiere e alchimisti, servi dell'industria che spaccia per miracolose quattro erbette in croce.
Almeno cerchiamo di non esagerare, visto che c'è un regolamento che se non altro dovrebbe preservare noi per primi dalle nostre stesse megalomanie (siamo gentili, dai nostri stessi entusiasmi, visto che per noi ogni prodotto è un figlio e quindi è il migliore della classe)


Non è difficile comporre correttamente un'etichetta. Basta non cercare di fare gli artisti o i poeti, per nascondere piccole furbizie. Che tanto il consumatore scafa subito.







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