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martedì 30 ottobre 2012

Eco, Eco-bio, Bio-eco


Se la certificazione aziendale non è una passeggiata e non ha poi questa vera valenza di efficienza e qualità, cerchiamo di capire quali sono le certificazioni a cui può venire sottoposto un prodotto cosmetico.

Ribadiamo che esiste le legge 713/86 e successive modifiche, che prende in considerazione tutti ma proprio tutti gli aspetti legati alla produzione, sicurezza e commercializzazione del prodotto cosmetico, e che dovrebbe quindi essere, se non altro, garanzia di un prodotto sicuro e correttamente concepito e realizzato.

Però a volte non basta. O si desidera di più.


Il consumatore ora è molto attento alle problematiche ambientali, e questo è un ottimo segnale di un cambio di mentalità dopo anni di sciambola e stupro dell’ambiente. Una nuova (doverosa) coscienza di consumo richiede una nuova (doverosa) coscienza di produzione.

Per cui si è giustamente alla ricerca di prodotti più consoni al proprio modo di vivere e pensare.
Attenzione però, che il proprio modo di vivere e pensare è il proprio modo, non è legge dogmatica da imporre a tutti.

Semplicemente, se un prodotto o un’azienda non risponde al proprio modo, si cercherà altro.
Non si tempesta di e-mail l’azienda insegnandole cosa deve fare. L’azienda lo sa, grazie, e se decide di seguire un’altra strada avrà fatto le sue opportune valutazioni o più semplicemente non condivide il punto di vista del mittente della mail.

Siccome lo scopo di un’azienda è quello di vendere, è ovvio che impiegherà le sue risorse al fine di…vendere di più. I fornitori non sono filosofi, vogliono essere pagati, i dipendenti e i collaboratori non sono volontari, devono riempire il piatto di minestra e a fine mese devono ricevere lo stipendio. E questo si può fare se si incassa dalle vendite. Sembra una cosa ovvia, ma per molti non lo è.

Per vendere, ormai, non basta più fare bene il proprio prodotto, bisogna “tranquillizzare” il consumatore informandolo che facendo bene il prodotto, facendo bene alla pelle, non si fa male all'ambiente.

A parte la domanda inutile “ma voi testate sugli animali? perché non lo scrivete sul vasetto?” di cui abbiamo ampiamente illustrato l’insussistenza, i metodi per “informare” il cliente sotto il profilo della responsabilità dell'azienda nei confronti dell'ambiente sono svariati.

Fra questi ci sono le certificazioni naturale, eco, eco-bio- bio ecc.
Va premesso che non esiste, (oggi, domani è un altro giorno) un’armonizzazione europea, tantomeno mondiale, sulla certificazione di “naturale” di un cosmetico.
Viceversa non mancano enti e marche che si attribuiscono il merito di applicare uno standard europeo.

Esiste il protocollo Cosmos (Cosmetics Organic Standard), definito lo standard unico europeo per le certificazioni dei prodotti cosmetici naturali. Cosmos è il disciplinare che definisce e regolamenta il cosmetico biologico, condiviso dai principali certificatori europei (la francese Ecocert, la tedesca Bdih, l’ inglese Soil Association, la belga Bioforum e l’ italiana ICEA.

Esiste poi NaTrue, a cui aderiscono CCPB (Certificazione e controllo prodotti biologici Italia), BioInspecta (Svizzera), EcoControl (Germania).

Ancora una volta, benché ce ne fosse stata l’opportunità, non si è riusciti a ricondurre la certificazione ad un unico protocollo valido davvero per tutta l’Europa.

Giusto per non aumentare la confusione.

In realtà, quindi, ciascuno è uno standard che però non è totalmente europeo, cioè non valido dalla Lapponia a Malta. Tantomeno, al momento, validato ed uniforme nel resto del mondo.


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