Pagine

martedì 25 settembre 2012

Conoscere l'etichetta


Conoscere l’etichetta non significa solo comportarsi secondo certe regole, significa anche capire cosa c’è nella confezione di prodotto cosmetico che sto acquistando.

L’etichettatura del cosmetico è differente se il suo packaging è solo l’imballo primario, cioè il flacone, il vasetto, il tubetto, la trousse con gli ombretti, o se c’è anche il secondario, cioè l’astuccio.


Come abbiamo visto, l’informazione sui componenti è data dalla lista degli ingredienti secondo nomenclatura INCI.

La lista degli ingredienti deve essere redatta considerando gli ingredienti tal quali inseriti nel prodotto durante la produzione, non considerando il risultato di eventuali reazioni che possono avvenire nella miscela di ingredienti.
In realtà, il buon formulatore, ad esempio le piccole chimiche, tiene conto, eccome!, di quello che accade ne prodotto.

Facciamo un esempio pratico: se mentre si produce il prodotto si mette A, B, e C, ma se A e B reagiscono dando Z, il buon formulatore deve sapere, e lo sa e lo considera, che sulla pelle verrà applicato Z, anche se in etichetta si indicano, come vuole la legge, A e B.

La sequenza con cui si indicano gli ingredienti è secondo l’ordine decrescente: se una sostanza è molto in basso alla lista è lecito supporre che ce ne sia veramente poca.
A completezza di informazione bisogna aggiungere che gli ingredienti contenuti in percentuale inferiore all’1% possono essere messi in sequenza secondo giudizio del fabbricante (di chi mette il prodotto sul mercato, ricordiamo): a buon intenditor, poche parole.

Ecco, la lista degli ingredienti è obbligatoria sul flacone (o vaso ecc, insomma l’imballo primario) solo se non è previsto l’astuccio. Se invece è previsto l’imballo secondario, non è obbligatorio mettere la lista degli ingredienti sul flacone ma solo sulla scatola.

Perfetto: arrivo a casa, getto via (secondo raccolta differenziata, ovviamente) la scatola.

Mi resta il flacone. Senza lista INCI. Con scritto tutto il resto, tranne gli ingredienti.

In poche parole, l’informazione più importante è obbligatoria, nel caso di doppio imballo, solo su quello che ha vita più breve e che mi resta sotto gli occhi per 10 minuti. O il legislatore ha una memoria di ferro e si ricorda una lista INCI per settimane pur avendola letta una volta, o non ha capito l’importanza dell’informazione. Le piccole chimiche propendono per la seconda ipotesi.

Le altre informazioni che devono essere riportate su entrambi gli imballi, e comunque anche sul primario (flacone ecc), sono le seguenti.

Naturalmente in etichetta deve essere indicato il nome, commerciale e/o di fantasia, del prodotto (Happy feet) e che cosa è quel prodotto in modo chiaro (crema per i piedi). Esiste una linea guida di definizione del prodotto, nel quale sono riportate le definizioni con eventuali funzioni previste attinenti ai cosmetici (crema nutriente per i piedi).
Ci sono definizioni che NON sono attribuibili a un cosmetico, ma essendo il codice una linea guida, spesso le aziende fanno finta di niente: un cosmetico NON può, ad esempio, essere drenante, snellente, dimagrante, anticellulite.
Perché non può essere anticellulite? Perché la cellulite coinvolge strutture situate in profondità, e un cosmetico deve avere un’azione limitata alla cute e ai suoi annessi.
Per cui un prodotto si definirà contro gli in estetismi cutanei provocati dalla cellulite.

Inoltre, se un prodotto vanta un’azione specifica, al di là di quelle canoniche di un cosmetico (nutrire; lavare, deodorare, lenire, profumare, abbellire), questa deve essere documentata con i test di efficacia.

Crema anti-rughe = test di efficacia, perché se io uso una crema anti-qualcosa, mi aspetto legittimamente che faccia andare via quel qualcosa.
Crema per pelli con rughe = nessun test, non dice che fa andare via le rughe, in effetti, dice solo che è indicata per pelli mature.

Un’altra informazione da riportare in etichetta è il volume del contenuto, in ml per tutti i prodotti tranne le polveri o i fanghi o i solidi, che devono avere il peso espresso in grammi.

Deve essere identificabile chi mette in commercio il prodotto (il fabbricante) con ragione sociale, città e Stato. Sono i finiti i tempi in cui anziché il nome, qualcuno metteva il numero di iscrizione alla Camera di Commercio.
A volte si trovano due ragioni sociali, il produttore e il fabbricante, una delle quali è sottolineata: la sottolineatura indica presso quale è conservato il dossier a disposizione della autorità.

Obbligatorio è il numero di lotto, per poter risalire alla lavorazione in caso di necessità. Il lotto è un numero interno aziendale, non ha regole fissate dalla legge, ognuno ha i suoi protocolli di lottatura.

Infine c’è la durata del prodotto: o la data di scadenza se il prodotto ha vita breve, inferiore ai 30 mesi, o il PAO
Il PAO è il period after opening, identificato da un vasetto aperto con un numero con la lettera M (menses, mesi in latino), che indica entro quanto tempo è bene esaurire il prodotto dopo aver aperto la confezione la prima volta.

A parte che per alcuni tipologie di confezioni il PAO è ridicolo, ad esempio le bombolette di deodorante o i pack sigillati, quello che però il PAO non dice è quando quel cosmetico è stato prodotto.

Un ultimo obbligo per i contenitori per liquidi è il pittogramma (il “disegnino”) con l’ometto che butta nel cestino il rifiuto. E’ obbligatorio solo per i liquidi, però, non per i solidi. Evidentemente l’astuccio del sapone in barre, il legislatore lo mangia.

Tutto il resto, simboli, diciture, informazioni aggiuntive, non sono contemplate dalla legge che regolamenta l’etichettatura. Alcune sono legittime e  doverose, altre ingannevoli e fuorvianti.

Nei prossimi post le piccole chimiche approfondiranno il discorso.

Adesso no, avete abbastanza da leggere in questo post e su tutte le confezioni che riempono gli armadietti dei vostri bagni.



Nessun commento:

Posta un commento